Tampopo è una vedova di mezza età che gestisce un chiosco di ramen (una specie di zuppa di spaghetti) frequentato solitamente da camionisti. Sarà proprio uno di loro, Goro, a convincere la donna ad imparare l'arte del ramen. Cominceranno così le sue avventure alla ricerca di ricette segrete, misteriosi ingredienti e lotte con i colleghi rivali. Tampopo non solo ricerca i segreti di una ricetta, ma soprattutto una riflessione artistica del cibo come arte, del cibo come vita. Se il rapporto cibo/arte è esplicitato nel racconti di Tampopo, il legame cibo/sesso è impersonato da un gangster che, in una storia parallela (profondamente anti-cinematografica), è protagonista di alcuni episodi che metaforizzano la vita sessuale tramite il cibo. La carica erotica di alcune
Juzo Itami (sceneggiatore e regista della pellicola) mischia abilmente svariati generi (film muto, western, dramma e commedia) per formare un film epicamente grottesco (ne sono un esempio le musiche volutamente pompose) ma non privo di una certa vena poetica che compensa il precoce invecchiamento di una messa in scena non all'altezza.
"Tampopo" porta con sé un'ottima riflessione sul cibo, sull'arte e sulla nostra vita.